giovedì 17 febbraio 2011

Il "randagio di Brooklin"

Jean Michel Basquiat, detto Samo, è stato uno dei dei più grandi - e controversi - artisti di quella "stagione di New York" degli anni Ottanta che ha avuto in Andy Warhol uno dei suoi maggiori e conosciuti esponenti. Artista "di colore" (le sue origini sono sono afroispaniche), ha vissuto una vita breve, intensa e rischiosa. E' morto di overdose nel 1988 a soli 28 anni.  

“Da quando avevo diciassette anni, ero certo di diventare celebre. Avevo delle idee romantiche sulla maniera di diventare celebre. Sognavo i miei eroi, Charlie Parker, Jimi Hendrix…”. Eroi entrati a far parte del mito grazie alla loro arte. Ma anche grazie alla patina di disperazione di un’esistenza segnata dalla droga, dalle discriminazioni razziali, da un successo esplosivo e inaspettato, tributato da platee di bianchi. Le stesse platee da cui provenivano le contraddizioni di una società iniqua. Il destino di Jean Michel Basquiat sarebbe stato lo stesso degli eroi che sognava. 
Se le ripetizioni di Andy Warhol sono una raffinata fotografia della società consumistica e dell’impermeabilità della nostra sensibilità a quella, i segni e i disegni di Basquiat sono le urla di chi ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza, la discriminazione, l’emarginazione di quella stessa vita a New York. Proprio negli anni in cui tali contraddizioni diventavano sclerotiche e si acuivano: gli anni Ottanta.  
Jean Michel Basquiat si definiva un "analphabet artist", forse per la somiglianza delle sue opere con i disegni dei bambini. Il pittore non usa cornici e spesso le tele sono stese su assi rozzamente incrociate. Il tratto è decisamente marcato e le pennellate molto corpose; questi elementi fanno in modo che l’arte di Basquiat sia un’arte povera, dei bassifondi, e proprio questo senso di decadenza era un’ottima espressione della caduta dei grandi ideali che ha caratterizzato gli anni Ottanta del nostro secolo. Elemento originalissimo è poi la scrittura; Basquiat, infatti, riempie ogni sua tela di innumerevoli parole che diventano un vero e proprio elemento compositivo del quadro. A volte l’artista scrive solo il titolo dell’opera, ma più di frequente troviamo elenchi lunghissimi spesso coperti con poderose pennellate. Non è ben chiaro perché il pittore abbia effettuato una tale scelta espressiva, ma senz’altro ogni parola aggiunge particolari indispensabili per il significato complessivo dell’opera e questo nuovo modo di fare arte ci fa riflettere sull’estetica della scrittura, che così non è più solo significato ma anche armonia di suono e di forma.
 


Al link http://www.megavideo.com/?d=05Q5G53B potete trovare il film "Basquiat", diretto da Julian Schnabel basato sulla vita dell'artista "American Graffiti" di Jean-Michel Basquiat, del 1996.